lunedì 29 settembre 2008

Sound Of Silence


L'universo in cui viviamo è costituito da un universo di suoni, alcuni piacevoli, altri certamente indesiderati.
Siamo così abituati alla loro presenza che abbiamo alla fine scordato cosa significhi stare in silenzio, un'emozione e una interazione con il mondo che ci circonda di cui molti ignorano il reale significato.

Risulta effettivamente sempre più difficile tentare di rifugiarsi in un luogo isolato dal frastuono della città, o semplicemente dai rumori prodotti dal proprio vicino di casa o ancora di più dai nostri apparecchi tecnologici.
Il degrado è così esteso che sta arrivando anche in montagna e nei nostri boschi dove siamo soliti rifugiarci a "passeggio".
Risulta così sempre più difficile potersi fermare ed ascoltare il canto degli uccelli di passo che si chiamano in volo, i fischi come sospiri amorosi dei caprioli in amore, il rumore delle acque del torrente che scende a valle, o solamente il soffio del vento tra le cime dei faggi e degli abeti..

Eppure basterebbe fermarsi per un solo istante a riflettere.........
per capire che molto del rumore che produciamo è inutile, ............
per capire che è arrivato il momento per tornare al silenzio riempendolo di significati, ..........
per capire che cercare una qualità volontaria e deliberata del silenzio è un privilegio che va perseguito.

E laddove l'assedio verbale è la norma,........ il silenzio potrebbe diventare un'occasione per rivalutare il dialogo e spostarlo sul terreno della reciprocità. Non per niente quando baciamo, accarezziamo e ci concediamo all'amore il silenzio, e non la parola, è il rumore che fa da sfondo ai nostri gesti.

The Sound Of Silence era il motivo musicale che dominava la scena in quel lontano 1966, .........nella civiltà dei suoni e delle immagini, delle luci al neon e della pubblicità Simon & Garfunkel pensavano al silenzio solo come una negazione del frastuono e della confusione generate dalla civiltà moderna.
Ma la di là del rumore non c'è il nulla, ma qualcosa di molto di più: c'è il suono del silenzio, un mondo da scoprire, anzi, da riscoprire.

Il silenzio, oggi, può essere un gesto rivoluzionario.
E per un giorno mi piacerebbe diventassimo tutti autistici. Per tornare finalmente a guardarci senza parole.
Perché, ... forse, le parole che non abbiamo detto sono sempre le più giuste.

martedì 16 settembre 2008

Elogio dell'inquietudine


A torto si guarda all'inquietudine come ad una condizione interiore preoccupante e potenzialmente pericolosa.
Al contrario l'inquietudine esistenziale è il segno di una intensa vitalità dell'anima, che non si accontenta della banalità del quotidiano e aspira a una meta degna dei suoi sforzi e dei suoi ardori (Giordano Bruno parlava di "heroici furori")

Grazie ad essa, la coscienza si pone di fronte al mondo e a se stessa in un atteggiamento di stupore, ma anche di insoddisfazione per i limiti di ciò che è abitudinario, per i sentieri ormai ben noti, per gli orizzonti ristretti e ormai troppo familiari, e avverte una pungente nostalgia di ciò che sta oltre........

Essa è come un pungolo che ci sprona a non sederci sulle comodità di quanto già riteniamo acquisito
e ci sfida a osare, a buttarci, a lasciarci andare nella grande corrente dell'Essere,
dalla quale proveniamo e alla quale aneliamo a fare ritorno.
Inqueutm est cor nostrum donec requiescat in Te, Domine
"inquieto è il nostro cuore finché non trova pace e riposo in Te, o Signore"
così scriveva Sant'Agostino nelle Confessioni
e raramente un filosofo è riuscito a esprimere una tale densità di pensiero e di sentimento in una formula così efficace e sintetica.

L'inquietudine è la molla che ci proietta sempre avanti,
al di là delle certezze prefabbricate, delle verità rassicuranti............

L'inquietudine è amore del pericolo in senso esistenziale
perché ci spinge fin sul baratro di abissi che non conosciamo,
ma oltre i quali intuiamo che deve trovarsi qualcosa capace di dare un senso al nostro tendere,
al nostro interrogarci incessante, alla nostra stessa inquietudine........


L'inquietudine è una sfida che sollecita le persone mature,
abituate a vivere nella dimensione dell'essere e non in quella dell'avere;
che le obbliga a non adagiarsi mai sugli allori,
a proseguire sempre il cammino solitario del perfezionamento spirituale;

a sforzarsi di dare il meglio di sé senza giocare al risparmio.

L'inquietudine, di per sé, non rende né migliori né peggiori coloro che ne sono afferrati;
essa apre degli scenari nuovi e mette in gioco delle forze dello spirito che erano rimaste latenti.
Il suo insorgere costituisce un richiamo, il richiamo delle lontananze, delle altezze.
Il corvo ne sarà spaventato; ma l'aquila se ne sentirà vibrare tutta,
ricorderà di avere un paio d'ali possenti, e si lancerà dalla vetta della montagna che,
sino allora, gli era parsa una disperata prigione.

Fonte

domenica 14 settembre 2008

Giornata di fine estate


Finalmente ecco l'estate come tutti la vorremmo: soleggiata, ventilata e con temperature gradevoli.
Non c'è che dire, le giornate che hanno preceduto la perturbazione di questo fine settimana si sono avvicinate molto alla perfezione.
All'idea che tutti noi abbiamo di 'giornate estive', con la classica nuvoletta su un cielo terso ed azzurro, i boschi ed i prati ancora di un bel colore verde intenso, una leggera brezza al mattino che ti sfiora ed accarezza il viso illuminato da un sole tiepido.
Ma sapevo molto bene che questo quadretto idilliaco era destinato a rimanere tale solo per pochi giorni.
Da qui la decisione di sospendere per un giorno le fatiche del lavoro per dedicarmi una intera giornata tra i boschi e gli alpeggi in alta quota nell'Altopiano di Vezzena.

Sono gli ultimi giorni di alpeggio per le malghe dell'Altopiano perché, come d'uso, nel giorno di San Matteo c'è la transumanza. E allora decido di salire in auto a Malga Biscotto.
Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con il Tullio ed aver acquistato una forma del suo unico e saporitissimo Vezzena ( in previsione delle mie ricette autunnali), calzo gli scarponi e con il sole già alto sopra i boschi e il costone della Val Renzola parto per salire al sentiero di cresta (CAI 205) che congiunge Cima Manderiolo con i Larici, per poi scendere a Porta Manazzo e attraverso la strada forestale ritornare alla Malga.
Un itinerario tranquillo in alta quota senza alcuna velleità alpinistica.
Un percorso alpino che però mi concede altresì tempo e spazio per ascoltare e scoprire: un fruscio e un batter d'ali di un gallo cedrone, il sottile richiamo di un giovane capriolo verso la madre intenta a mangiare gli ultimi germogli di mirtillo, il rumore di una motosega nell'altro versante della valle, il fischio acuto delle marmotte di vedetta.

La salita non è faticosa e in breve tempo giungo ai prati dei Fondi di campo Manderiolo a quota 1.800, dove raccolgo gli ultimi mirtilli rimasti, assaporandoli con la consapevolezza che anche l'urogallo e il tordo li gradiscono molto.
Non c'è nessuno e questo rende ancora più particolare e piacevole questa giornata.
A queste quote si trovano pochi e radi abeti, qualche cirmolo ma soprattutto rigogliose piante di pino mugo.
Con l'idea di una nuova ricetta, da provare a casa, mi appresto a staccare qualche ramo apicale di pino mugo quando ad un centinaio di metri il mio occhio focalizza, tra il ginepro nano, il profilo e la forma di quello che potrebbe essere.............
...........si è proprio lui, .......non ci possono essere dubbi.
Il porcino per eccellenza, il boletus edulis d'alta quota.

Mi avvicino con calma, prelevo dallo zaino la digit per la consueta foto ed assaporo questo momento come fossi in paradiso.
Mi sdraio sull'erba cercando la migliore posizione per l'inquadratura e scatto.
Il desiderio di restare tra questi silenzi interrotti solo dalle voci del bosco, tra questi profumi di resina e fiori, tra questi colori così riposanti nel tepore del sole di fine estate è forte e devo raccogliere tutte le forze per rialzarmi e tornare sui mie passi, lasciando che tutto questo si sedimenti dentro il mio cuore e la mia anima per diventare ricordo e memoria.

mercoledì 3 settembre 2008

Delizia di b. edulis e Vezzena

Il boletus edulis d'alta quota è il porcino delle emozioni più forti, ma anche in cucina sa farsi amare concedendo al palato sapori indelebili con ricette facili e abbinamenti semplici.

Ma se il boletus reticolatus o aestivalis non perdona perché, dopo averlo trovato, non ci lascia il tempo di respirare, in quanto dobbiamo pulirlo subito e forse anche cucinarlo entro una giornata, il nostro porcino d'estate (b. edulis) è un fungo che ci permette tempo, che ci concede una giusta riflessione per creare i nostri piatti.
Basta pulire bene il fungo dalle foglie e da tutto il terriccio sbucciandolo come fosse una patata, e poi con uno spazzolino ed un panno inumidito con acqua e bicarbonato rimuovere i residui terrosi dal cappello.
Una volta compiuta questa delicata operazione, possiamo tenere i porcini più freschi e sodi in una terrina avvolti in un panno che avremmo l'accortezza di mantenere sempre umido. In questo modo possiamo tenere i porcini in frigorifero fino a 3 giorni.

Non finirò mai di raccomandare a tutti di non lavare i porcini, soprattutto se pensate di farli crudi o saltati al verde perché perderebbero molto del loro sapore e del loro profumo.
Solitamente, solo alcuni tipi di funghi vengono lavati sotto il getto dell'acqua fredda, e precisamente quelli di piccole dimensioni e quelli lamellati, tipo i gallinacci, le russule, ecc perché, proprio a causa delle lamelle non sarebbe possibile eliminare tutte le impurità che vi si depositano; i porcini vanno mondati come abbiamo appena detto per evitare la perdita quasi totale del loro sapore.

Prima di iniziare a preparare questa delizia bisogna ricordare che sull'uso dei porcini crudi ci sono due opinioni: da un lato ci sono i porcinomani per i quali l'insalata di porcino d'estate è considerato il piatto di funghi per eccellenza, e ci sono dei gourmet che amano un maggior equilibrio nelle preparazioni in cucina e trovano che l'aroma del porcino crudo sia troppo pungente.
A parte questa diatriba culinaria, bisogna ricordare che tutti i porcini risultano poco digeribili da crudi con una vasta casistica di persone che non li tollerano. E mentre una volta si pensava erroneamente che la causa risiedesse nell'intolleranza alla componente più aromatica rappresentata da alcuni zuccheri ed in particolar modo dal Trealosio di cui sono ricchi i boletus.
Alcuni individui infatti non dispongono di un particolare enzima la “ Trealasi ” capace di scindere il Trealosio, zucchero presente soprattutto nel B .edulis e questo provoca una intossicazione con dolori addominali, meteorismo e diarrea.

Ingredienti:
250 g di b. edulis freschi, medio-piccoli
30 g di vezzena (o in alternativa del grana padano)
fior di sale (fleur de sel della Camargue)

ingredienti della vinagrette:
1 cucchiaio di succo di limone
1 spicchio d'aglio
1/2 bicchiere di olio extravergine di oliva del Garda
pepe bianco
un ciuffo di prezzemolo


Ora concentriamoci sulla nostra ricetta ed iniziamo a tagliare i nostri porcini a fettine sottili.
Disponiamo inizialmente le fettine del gambo degli edulis nel piatto, saliamo leggermente con un pizzico di fior di sale e poi spennelliamo con la vinagrette preparata in precedenza.
Ora andiamo a disporre le fettine del cappello o del fungo intero in un altro strato
e che andremo nuovamente a spennellare con la nostra vinagrette.
Ora grattugiamoci sopra il Vezzena e terminiamo con del prezzemolo tritato.

Buon appetito.